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“Per valorizzare l’Appia antica ci vuole coerenza e consapevolezza”

La riflessione di Carmine Dipietrangelo: “Una parte del tracciato sarà attraversata da un’opera inutile”

La sottoscrizione del protocollo d’intesa per il riconoscimento Unesco dell’Appia antica è certamente un altro passo avanti nella giusta direzione e va sostenuta anche attraverso impegni e iniziative come quelli del Comune di Mesagne e delle associazioni culturali brindisine. Ma si richiede consapevolezza e coerenza soprattutto ai sostenitori politici ed agli amministratori locali che non possono limitarsi a dichiarazioni stampa o a mettere sui social la sottoscrizione delle proprie firme. Mentre si rivendica questo importante riconoscimento e si inizia a lavorare per il progetto, si deve sapere che sulla parte più pregiata del tracciato dell’Appia, quella che riguarda la città di Brindisi, è in fase avanzata un altro progetto, quello presentato da Rfi per il collegamento su ferro con l’aeroporto, tra l’altro utilizzando i fondi del Pnrr. Un’opera inutile che si sovrappone su un’altra (quella dello Shuttle) e in fase già di realizzazione. Uno spreco di risorse pubbliche che ha già fatto indignare gli esperti e gli accademici del settore dei trasporti. Ma questi sono giudizi di merito e di responsabilità contabile! Una parte di questo progetto (il raccordo con la tratta ferroviaria Taranto-Brindisi) attraversa il vecchio tracciato dell’Appia e ne stravolgerà definitivamente la fruibilità e aggredirà  una parte paesaggistica, faunistica e ambientale dell’area del Cillarese. Problema questo sollevato dall’associazione delle antiche strade, da alcuni storici e legittimamente dalla nostra azienda che ha presentato a suo tempo le dovute osservazioni. Non ci sono state ad oggi altre opposizioni anche da parte di chi oggi chiede il riconoscimento Unesco del tracciato dell’Appia Antica.

La sua valorizzazione può diventare certamente un progetto di grande rilievo non solo storico ma anche di sviluppo turistico ed economico. I romani realizzavano le strade  per logiche militari, di dominio e di espansione ma mentre le costruivano attorno ad esse si realizzava sviluppo e, come diremmo nei giorni nostri, attrazione di investimenti. A dimostrazione che le infrastrutture, da sempre, non servono solo per far transitare  uomini e merci ma creano anche altre utilità, culture e civiltà. Sostengo da tempo come la via Appia e la Traiana hanno rappresentato, per la loro parte terminale nel territorio di Brindisi, fattore di sviluppo, di modernizzazione anche nel settore agricolo e vitivinicolo. Le derrate alimentari e il vino necessari per approvvigionare le truppe che si imbarcavano dal porto di Brindisi, terminal della via Appia e della via Traiana, venivano prodotti in questa area. La viticoltura fu portata nei nostri territori dai messapi ma ebbe un salto di qualità e anche di quantità proprio con i romani.

Il porto di Brindisi raggiungibile con la via Appia e successivamente con la Traiana per ragioni prima di carattere militare e poi per il ruolo che contestualmente veniva ad assumere anche dal punto di vista commerciale nel Mediterraneo diventò fattore di sviluppo territoriale. E non a caso i romani nel fare le strade sceglievano tracciati dove era possibile sviluppare, incrementare o realizzare attività agricole necessarie all’approvvigionamento di derrate alimentari per i propri soldati e per i bisogni della vita quotidiana. E si costruivano tracciati preferibilmente vicini a corsi d’acqua. Il vino era un alimento indispensabile così come l’olio anche per bisogni non solo alimentari. La viticoltura e l’olivicoltura della campagna che arrivava fino a Brindisi si sviluppano così. La testimonianza più importante è rappresentata, oltreché dalla fertilità dei terreni brindisini, dalla presenza delle fornaci di anfore utilizzate per il trasporto via mare di vino e di olio.

Mentre allora si definiscono i contenuti  per partecipare alla più ampia progettazione per la valorizzazione e il riconoscimento Unesco dell’Appia antica sarebbe opportuno conoscere bene e con precisione il vero tracciato della stessa nei nostri territori e in particolare quello brindisino, senza farsi condizionare dal recente vissuto o da riferimenti relativi all’attuale via Appia. Il tracciato non è certamente quello che comunemente abbiamo conosciuto in epoca moderna, la vecchia statale poi trasformatasi nell’attuale superstrada che porta a Taranto. Così come il porto su cui convergevano l’Appia e la Traiana non era quello prospiciente le colonne romane, tra l’altro di epoca successiva, bensì quello situato nel seno di ponente dove c’è la foce del canale del Cillarese. Gli storici locali e non solo loro sostengono che il tracciato della vera Appia antica  sia quello della vecchia strada per Mesagne oggi strada comunale per lo Spada e Casignano. Una parallela della statale e costeggiante i canali (Capece, Galina, Cillarese) che allora bagnavano le campagne del territorio e arrivavano fino al seno di ponente del porto di Brindisi. Come Tenute Lu Spada abbiamo recuperato la vecchia vocazione vitivinicola di terreni che si trovano a ridosso di questo tracciato o, come sostiene qualche storico, addirittura attraversati dall’Appia Antica.

Bisogna evitare allora che in qualsiasi progetto di valorizzazione della “regina viarum”  prevalgano inutili sovrapposizioni di studi e progetti ma sopratutto approssimazioni e superficialità storiche dal momento che può essere una occasione utile per ridare identità e riconoscibilità ai nostri territori attraversati dalla via Appia antica. Servirebbe per dare un po’ di lungimiranza e conoscenza agli stessi amministratori locali per salvaguardare i tracciati e una vera segnalazione lasciando così alle future generazioni le tracce e i luoghi giusti del passato e non solo semplici nomi o addirittura segnalazioni artificiose oppure una inutile interruzione a causa di un altrettanto inutile attraversamento ferroviario.

Ma la conoscenza dell’antico tracciato serve anche a evitare eventuali interventi di aggressioni e stravolgimenti paesaggistici che si potrebbero tuttora realizzare sul reale percorso dell’Appia antica facendo scomparire qualsiasi riferimento reale ad un “bene culturale e comune”. Il progetto di Rfi va in direzione opposta a quello che si chiede per la valorizzazione e la fruizione turistica del tracciato dell’Appia antica. Così anche la valorizzazione dal punto di vista turistico ed enogastronomico della via Appia non sarebbe solo una proposta costruita sulla carta per ottenere un po’ di finanziamenti ma avrebbe il suo ancoraggio reale e storico. Lo stesso Piano di gestione alla base  per il riconoscimento Unesco  è considerato “un caposaldo della candidatura, soprattutto perché la sua funzione è quella di orientare le scelte della pianificazione urbanistica ed economica attraverso la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione delle risorse di carattere storico, culturale e ambientale. Il tutto, ferma restando la necessità di conservare un giusto equilibrio tra conservazione, sostenibilità e sviluppo.”

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