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Può una comunità che dimentica il suo passato ambire a Capitale della Cultura?

Dall’ultimo libro di Bruno Vespa “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)” (edito Rai libri Mondadori).

Pagina 178 – “Mussolini insistette e all’inizio si limitò a una modesta partecipazione:… tre divisioni riunite in un corpo d’armata (Csir, Corpo di spedizione italiano in Russia) agli ordini del generale Giovanni Messe (dopo che il generale designato Francesco Zingales venne colto da malore a Vienna), un ottimo ufficiale che sarebbe stato sostituito per aver cercato di far ragionare il Duce.
Pagina 179 – A Kiev i tedeschi fecero 650.000 prigionieri, ma la lezione servì a Stalin per mutare strategia. Attivò quella che Montanelli e Cervi chiamano «la tradizionale strategia dello spazio», cioè il ripiegamento vastissimo e intelligente utilizzato dal generale russo Michail Kutuzov per attirare Napoleone nella trappola invernale. Il nostro generale Messe aveva capito tutto per tempo e aveva fermamente suggerito che l’Italia non inviasse altre truppe visto le condizioni ambientali. Mussolini ignorò ogni avvertimento e…”.
Pagina 180 – Arriva l’Armir, con scarpe inadatte….Messe, contrarissimo all’operazione, fu sostituito da Italo Gariboldi, già comandante supremo delle forze armate italiane in Africa settentrionale, ormai anziano (aveva 63 anni) e di carattere molto accomodante, anche con i tedeschi, con i quali il suo predecessore riusciva invece a confrontarsi da pari a pari. A Mussolini, che lo ricevette il 2 giugno 1942, il generale Messe espose tutte le difficoltà e i rischi ai quali sarebbe stata esposta un’armata con abbigliamento e mezzi inadeguati. Il Duce lo ringraziò, ma gli ripeté il solito rosario di buone ragioni che avrebbero premiato l’Italia grazie all’invio di un forte contingente”.
Pagine 183-184 – “A causa dei contrasti con il comando tedesco e con Garibaldi, a fine anno Messe chiese di essere rimpatriato. Fu trasferito in Tunisia, dove comandò le truppe italiane nel vano tentativo di arginare gli angloamericani. Il 12 maggio 1943 si arrese solo dopo un telegramma di Mussolini che l’autorizzava a farlo, elogiandolo e nominandolo maresciallo d’Italia. Anche il generale britannico Bernard Montgomery gli fece strepitosi complimenti per la condotta tenuta nella battaglia finale. Dopo l’8 settembre Messe si mise al servizio di Vittorio Emanuele, che lo nominò capo di Stato maggiore generale del nuovo esercito italiano cobelligerante con gli Alleati. Messe viene giudicato il miglior comandante italiano della seconda guerra mondiale, ma il suo «tradimento» non fu perdonato da Mussolini, che gli dedica un capitolo del suo Storia di un anno, ricordandone il valore «fascista» e non spiegandosi il suo passaggio al campo avverso. In realtà, in prigionia Messe si dichiarò fascista perché il re aveva nominato capo del governo il capo del fascismo, ma quando il sovrano fece una scelta diversa, egli mantenne la sua fedeltà alla Corona.
Pagina 193 – Il 23 gennaio 1943, il giorno della caduta di Tripoli, Mussolini nominò il generale Giovanni Messe comandante della 1ª armata italiana in Tunisia. «Comandante degli sbandati» confessò Messe, giacché le truppe giunte dalla Libia erano letteralmente sfinite. Messe arrivò in Africa un mese prima della partenza di Rommel, che non credeva più nella guerra ma, da bravo soldato, lasciò agli americani appena sbarcati in Nord Africa un ricordo mortale.
Pagina 194 – Rommel fece visita a Mussolini e gli disse che le cose si stavano mettendo davvero male. Il Duce lo contrastò… Rommel ripeté le stesse cose a Hitler, il quale s’infuriò ancora di più e gli tolse il comando dell’armata italo-tedesca in Africa settentrionale, rendendo definitivo quello di Arnim, che era un ottimo ufficiale, come peraltro lo era Messe, ma le truppe dell’Asse furono azzoppate dalla mancanza di approvvigionamenti. Messe scrisse a Roma: «L’Ottava Armata britannica [con la quale specificamente la 1ª armata italiana doveva vedersela] rappresenta la più moderna e attrezzata forza che sia dato riscontrare oggi nei vari scacchieri di questa guerra». Non si poteva certo dire altrettanto della nostra. Ciononostante, le forze italo-tedesche conquistarono successi importanti come la vittoria nella battaglia di El Guettar, città della Tunisia centrale conosciuta per i suoi pistacchi.

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