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Territorio e cultura, binomio per rinascere dalla pandemia

Cinema e teatri chiusi. Musei aperti a tempo. Palazzi storici inaccessibili. È la crisi della cultura ricaduta dal Covid e il costo economico è solo una faccia del problema. Se vi fosse bisogno di avere conferme sulla crisi della cultura, il dato sui consumi culturali nel 2020 fa venire i brividi: con il Covid si sono dimezzati (-47%) passando da 113 euro di spesa media mensile per famiglia di dicembre 2019 a circa 60 euro a dicembre 2020 (sono stati persi oltre 53 euro al mese).

Ovviamente è crollata la spesa per spettacoli dal vivo bloccati dal lockdown e dalle misure di contenimento della pandemia: -90% gli spettatori per cinema, concerti, teatro e forti riduzioni di spesa, con punte di oltre il 70%, da parte dei consumatori tra dicembre 2019 e settembre 2020.

La forma di fruizione tradizionale della cultura ha lasciato spazio al digitale con la visione di spettacoli dal vivo, opere, balletti e musica classica, sul web e in tv. Una tendenza che, alla luce delle attuali restrizioni, sembra confermarsi anche per la prima parte del 2021; i vincoli dettati dalla pandemia e la conseguente spinta sul digitale sembrano aver cambiato anche la declinazione dell’idea di cultura da parte degli italiani, con il rischio di renderne più effimeri significati e sfumature.

«Sullo streaming è stato detto tuttoe oltre- sottolinea Carmelo Grassi, operatore culturale e componente del Consiglio Superiore dello Spettacolo del Mibact – e l’esperienza di questo tipo di fruizione lascerà il segno quando l’emergenza sarà finita.Tuttavia, oggi dobbiamo farcelo piacere perché è l’unica cura possibile, l’unica fonte di approvvigionamento, il solo modo in cui la scena fa capolino e non si può non preferire al buio totale. Ma resta un puntino di luce in mezzo alla semioscurità che avvolge oggi tutto il mondo della cultura. La fruizione dal vivo è un’esperienza irripetibile che si può soltanto attendere, non è replicabile neppure con quella extended reality di cui tanto si parla in questo periodo».

La cultura non è solo veicolo di inclusione sociale, è anche motore di ripresa. «Spiace per la Puglia – continua Grassi – che nessuna delle candidature a Capitale italiana della Cultura 2022 si sia concretizzata. Ma è sbagliato pensare che il percorso fatto da Bari e da Taranto assieme allaGrecìa Salentina sia stato uno sforzo inutile.

 

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