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Venerdì Santo 1991/2006. I Sacri riti a Mesagne dagli archivi di Mesagne Tv

In tempo di misure di isolamento Mesagne Tv ripropone dai suoi archivi alcune immagini del Venerdì di Passione degli anni 1991 e 2006. Cambiano i protagonisti ma resta immutato il fascino della tradizione. Aspettando una nuova Pasqua per il nostro ritrovarci come comunità a ri-viverlo nuovamente.

Per affrontare al meglio l’isolamento di questi giorni – consigliano esperti di mezzo mondo – niente di meglio che sfogliare i vecchi album di famiglia e riportare alla memoria momenti, accadimenti, avvenimenti che hanno segnato instanti preziosi della nostra esperienza. La forza di una istantanea non sta nel rievocare immagini ma nel portare alla memoria relazioni: farci rivedere i volti di chi ci è stato accanto in quella occasione, e che magari non c’è più, notarne i dettagli, i cambiamenti con l’oggi e le costanti eterne.

Cosi assume valore quasi terapeutico l’amarcord pubblicata da Mesagne Tv su YouTube. Un filmato recuperato dagli archivi storici dell’emittente e parte di un grande flusso sui riti sacri cittadini che in queste ore sta popolando siti locali e social. In più, rispetto a tutti gli altri, questo video ha il valore aggiunto di ripercorrere la storia a ritroso di molti anni fino al 1991.

Aperto il video il primo contraccolpo è tecnologico: mandata in quarantena l’alta definizione ritroviamo in grande spolvero il formato quadrato 4:3, quello delle tv analogiche di un tempo. L’immagine sgranata ed a tratti sfocata, qualche sfarfallìo sul video e le titolazioni sgargianti e multiformi, oggi improponibili, riavvolgono il nastro dei ricordi agli anni delle videocassette che s’inceppavano.

Quindi le scene, la prima è quasi d’autore: via Maja Materdona sgombera d’auto e ricca di popolo in ogni suo crocicchio. Qualche insegna commerciale d’antan si affastella tra l’affascinante cupolone di Mater Domini e le famiglie al gran completo sull’uscio di casa. Qualche cappotto è decisamente demodè ma siamo nel ’91 e la moda cambia.

È rimasta immutata, invece, la tendenza ad affidare giganteschi megafoni alle piccole spalle di ragazzini in tradizionale tonaca da chierichetto (e che tonaca: la veste rossa con cotta bianca di don-saveriana memoria, sempre troppo lunga o troppo corta e rigorosamente col giubbino pesante di sotto «perché la sera cala l’umido»).

Identiche anche le abitudini della giunta comunale che con fare solenne è sollecita a salutare i passanti ma col solo sopracciglio o al di più a mezza bocca, sollevando il solo palmo della mano per mantenere le braccia lungo i fianchi e l’atteggiamento ieratico consono al momento. I preti, quando non in estasi, maniacalmente concentrati sulle statue in uscita dal Crocifisso pronti con piglio da suocera a far alzare o abbassare la statua ai galantuomini in giacca scura che già sembrano affaticati dal caricare le sacre effigi.

E poi l’esercito delle pie donne: di tutte le associazioni e congreghe, di tutte le parrocchie, atee o credenti e soprattutto di tutte le età – sì, nel 1991 c’erano ancora giovani pie donne – con velo a lutto e candela di corredo che provano impacciatamente ad accedere l’un l’altra con grande attenzione a non dar fuoco al giaccone proprio o altrui.

Ed ancora lo spaccio delle fotocopie di spartiti della banda cittadina ed il servizio d’ordine dell’associazione SS. Crocifisso, ente organizzatore, che con walkie talkie alla mano – no, non c’erano i telefonini con cuffie wireless nel 1991– serrano le fila dei partecipanti accantonando per una sera la loro vita di contadini, artigiani o impiegati per riscoprirsi esperti di ordine pubblico, scambiandosi gesti tattici indecifrabili per noi comuni mortali – probabilmente mutuati dai servizi segreti israeliani – per far filare tutto liscio, fino alla cruciale prova della discesa di Porta Nuova.

Non è solo tradizione: è il ripetersi uguale eppure sempre nuovo del Mistero e della storia dell’Uomo.

Mentre in quarantena tutto ciò che ci sta più a cuore ci sembra fra parentesi, vale la pena dedicare qualche minuto a questo filmato d’archivio per fare memoria di uno dei gesti che più ci definisce come popolo e come comunità. Ci mancherà ritrovarci in strada ma se ci rivediamo in uno di quei personaggi in video possiamo avvertirci anche quest’anno, anche stando in casa, come parte dello stesso cammino di mesagnesi.

Antonio Rigliano

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